Sgorbietto
si sciroppa quattro ore di terapia a settimana da un anno e mezzo. Da un anno e
mezzo ad oggi, ogni settimana il centro di riabilitazione mi vede sua ospite per
quattro ore, quattro lunghissime ore e, come me, altri genitori peregrinano
nella sala d’aspetto cercando di riempire il tempo come possono. Qualcuno ne
approfitta per sbrigare qualche servizio, qualcun altro aiuta i figli a
svolgere compiti per la scuola, molti chiacchierano tra loro, qualcuno ancora
si ritira in un angolino a leggere dal proprio kindle (una a caso…).
Lo
so, sono asociale.
Lo
so, sono una pessima persona.
Don’t judge me.
Quando
sollevo lo sguardo dal kindle, vedo cose che mi fanno pensare a quanto sono fortunata
e a quanto lo è mio figlio che, in quel centro, ci va solo per correggere la CI
che lui pronuncia SCI. Vedo persone che sorridono quiete e continuano a farlo
quando vengono riportati i loro figli, felici che, forse, quel giorno hanno
imparato a infilare il giubbotto. O forse no ma, prima o poi, magari ci
riusciranno.
Sarà
che sono diventata diffidente di natura, più probabilmente sarà che mi sforzo a
tutti i costi di imparare ad esserlo, a malapena conosco il nome del bimbo che,
da un paio di mesi, fa terapia insieme a sgorbietto.
Bene,
ieri sera è successa una cosa. Il bimbo che fa terapia di gruppo con il mio
finiva il suo percorso riabilitativo ed era stata organizzata una festicciola
di saluto. Al termine, la madre mi ha chiesto di darle un passaggio perché non
aveva l’auto. Accetto senza problemi, facciamo pure la stessa strada. Per la
prima volta in tanto tempo, scambiamo qualche chiacchiera.
Mi
spiega che l’auto, in verità, l’avrebbe anche, ma non può permettersi di pagare
l’assicurazione. Non ne ha mai fatta una e le tocca di pagare il massimo,
partendo da una prima categoria. Mi spiega che non le è permesso usufruire
della legge Bersani, perché è separata e il suo ex-marito le ha detto
chiaramente che può pure arrangiarsi, non sono problemi suoi come fa a portare
il figlio a riabilitazione.
Io
annuisco, ma taccio. Ho imparato da tempo che le persone hanno alle spalle
tante storie diverse e che non si dovrebbe mai giudicare, senza conoscere i
fatti. Taccio, ma sento un po’ l’embolo partire.
Chiedo
alla mamma dove deve arrivare, non ho problemi a portarla dove vuole, anche se
significa deviare dal mio percorso abituale.
Nel
tragitto, le chiacchiere diventano piccole confidenze.
Ha
sempre il sorriso sulle labbra, questa mamma, quando mi dà l’indirizzo del
Centro Antiviolenza in cui è seguita, assieme ai suoi due figli. Mi dice, senza
imbarazzo, che segue un percorso di psicoterapia anche lei e che, con i figli,
temporaneamente vive dai suoi genitori. Con un po’ di sacrificio fra un po’
riusciranno tutti e tre a trasferirsi nella loro prima vera casa.
Poi,
mi racconta.
Mi
racconta dei regali che seguivano i ceffoni. Del biasimo da parte della
famiglia e degli amici, dell’incredulità di quanti conoscono il marito
(consulente bancario) e sanno quanto questi sarebbe una persona perbene.
Mi
racconta di quando ha pensato che sarebbe morta e, solo allora, ha avuto il
coraggio di denunciare.
Mi
si stringe il cuore, quando le chiedo come è riuscita a trovare la forza di
fare tutto questo.
E
allora lei mi spiega che, di 90 denunce per maltrattamenti, solo 3 vanno
davvero avanti e che, sì, di forza ce n’è voluta tanta. Specie quando gli
assistenti sociali le volevano togliere i figli perché, una donna che resta in
famiglia pur subendo i maltrattamenti, non ha pensato al bene dei propri figli.
Che non aveva un lavoro, non aveva dove andare, ma ha innescato lo stesso il
meccanismo assurdo della burocrazia che continua ad assicurare a questo
genitore i diritti di padre, ma mette in dubbio la sua capacità di madre e
svilisce in modo vergognoso la sua dignità di donna.
Ha
il volto un po’ stanco, questa mamma che deve aver affrontato cose che io ho
solo letto nei libri o ascoltato nelle cronache del telegiornale. Ma ha lo
sguardo sereno e, in fondo a quegli occhi, c’è una determinazione che solo chi ha
lottato davvero può permettersi.
Si
imbarazza un po’ quando mi confida che è bruttissimo vivere con una persona che
non ti stima.
E
qui sono stata davvero in silenzio.
Mi
dice il nome dell’altra sua figlia, un nome particolarissimo che non avevo mai
sentito, e penso all’amore, alla cura con cui devono averlo scelto. Penso alla
delusione che si cela nell’apparenza composta e posata di questa donna. A come
la sua idea di famiglia si sia sgretolata e alla fatica che compie ogni giorno
per fare cose che io do per scontate, come prendere l’auto e portare mio figlio
alla terapia.
Mi
invita, quando si saranno sistemati, ad andarla a trovare nella sua nuova casa:
non è molto grande, ma suo figlio e il mio potranno giocare insieme e ne
avrebbe piacere.
Accetto
molto volentieri e quando esce dalla mia auto, esco anche io per stringerle la
mano e dirle che, per quel che possa valere, ha la mia stima.
Perché
ho raccontato tutto questo?
Perché
oggi accendo la TV e vedo il fiume di persone al Circo Massimo riunite per il
Family day.
Leggo
striscioni in cui due immagini stilizzate di donne che si tengono per mano e
due uomini che fanno la stessa cosa (le immagini che ci sono sulle toilette,
per capirci) sono seguite dalla scritta: questo è sbagliato.
Certo
che è sbagliato, Dio Santo. Chi va al cesso in compagnia?
Che
miseria, pure questo c’è scritto nel decreto Cirinnà?
Perché
è chiaro, se si scende in piazza per esprimere il proprio dissenso
all’espletare i bisogni fisiologici tutti insieme, beh, allora scendo in piazza
pure io.
Ah,
no. Si scende in piazza per difendere la famiglia. Per difendere i propri
figli.
Da?
Spiegatemelo,
io credo di avere qualche difficoltà.
Per
quale misterioso motivo dovrei difendere la mia famiglia se due donne o due
uomini si tengono per mano? Se si sposano, se adottano un bambino? In quale
modo, questo mina la sicurezza della mia famiglia?
Mi
toglieranno i miei figli, se verranno legalizzate le unioni civili?
Mi
impediranno di vederli, se sarà permesso ad un uomo/donna di assistere il proprio
compagno/a in ospedale?
Minchia,
Ella, come sei egoista… non pensi al benessere dei resto dei bambini, magari
quelli che sono orfani o abbandonati e non hanno una famiglia?
Giusto,
pensiamoci.
Ecco,
allora un bambino che non ha famiglia ha diritto ad averne una. Fin qui siamo
tutti d’accordo. Poi però succede che non tutte le famiglie sono famiglie ed è
necessario assicurarsi che la famiglia in cui questo bambino sarà accolto debba
essere degna.
Eccerto
che deve.
Quali
sono le famiglie degne di tale nome?
Le
famiglie tradizionali, dicono nel
Family day. Come la famiglia della mamma a cui ho dato un passaggio ieri in
auto, dico io.
Vedete,
il problema secondo me è un altro. In Italia non c’è la cultura della
diversità. Anche una mamma/papà che resta solo, per tutta una serie di motivi,
è diverso. E in quanto tale, dovrà iniziare a lottare affinché i suoi diritti
vengano riconosciuti o continuino a restare tali.
E
ora mi domando: ma di cosa stiamo discutendo? Non si discute se una famiglia è
degna di tale nome, se i componenti possono assicurare una vita sicura ad un
bambino. Qui (anzi lì, al Family day), si discute di altro. Si discute sul
fatto che due gay sono liberi di fare quello che vogliono, ma adottare no,
sposarsi no, avere riconosciuti i propri diritti dal punto di vista legale no, perché
(e cito Gandolfini) due gay non sono malati, però…
Però?
Però
che?
Però
avete deciso che, a priori, una coppia di fatto non è una coppia, perché è
diversa da voi.
Avete
stabilito che un bambino senza affetti non può essere adottato da una coppia
gay perché quella non è famiglia.
Avete
stabilito che, se la famiglia è composta da un uomo e da una donna, allora è
una famiglia, tutto il resto no.
Perché
voi sapete, e siete sicuri di questo, che gli altri sono indegni.
E
lo sono perché, al riparo della loro casa, alla luce del giorno, nei gesti
quotidiani, secondo voi si amano in un modo che non è il vostro modo.
E,
cosa ancor più grave, in tutto questo discorso ci infilate la religione. Perché
non è cambiato nulla, quello resta ancora lo strumento più potente con cui fare
i lavaggi del cervello.
Volete
lottare?
Lottate.
Lottate con tutte le vostre forze. Ma lottate per ragioni reali.
Lottate
come quella mamma, che davvero ha dovuto cacciare gli artigli per difendere la
sua famiglia.
Lottate
contro una burocrazia ipocrita, non per tenervi stretti il diritto di sentirvi
dire che ti sei sposata? allora torna con tuo marito, perché quella è la tua
famiglia.
Famiglia.
Family day.
Family is every day.
Mi mancava tanto leggerti e ora ho ancora più voglia di sentirti, perché ho sempre tanto da imparare da te. Grazie, per essere la persona meravigliosa che sei. Grazie, perché per me anche tu sei famiglia.
RispondiEliminaAnche a me mancava tanto leggermi... e di sentirti non ne avrò mai abbastanza! Ecco, sarebbe così bello se si riuscisse a spiegare questa cosa... com'è possibile vivere così distanti, con vite così impegnate eppure sentirsi tanto famiglia, io e te?
EliminaSei sempre una meraviglia.
RispondiEliminaChe a volte mi domando... sarà un bene?
EliminaUn abbraccio!
ho letto con attenzione e commozione le tue parole, e concordo un pieno il tuo pensiero. Ho chiesto a parenti e amici favorevoli al Family Day i motivi delle loro proteste, i motivi per cui le unioni civili possono minare la figura delle famiglie tradizionali o cosa cambia per loro se gli omosessualità possono adottare bambini e sono rimasta senza risposte, nessuno di loro mi ha dato una spiegazione valida ...nemmeno quella della religione..Sono basita non riesco a comprendere! Scusa per la lungaggine e grazie per le tue parole
RispondiEliminaPerché scusarti se considero ben spese tutte le parole volte a capire di più certe situazioni? Sono, purtroppo, costretta a condividere il tuo pensiero: nella classe di sgorbio (il maggiore dei miei figli) vedo mamme invasate (poche, grazie a Dio), che intasano i gruppi wa dedicati alla scuola, per fare propaganda terroristica. Attenzione, mamme: nelle scuole vogliono fare il lavaggio del cervello ai vostri figli con la teoria genderrrrrr! Inutile dire quanto le palle mi caschino a terra... Grazie per la tua testimonianza, Manu, e un abbraccio!
EliminaChe bello poterti leggere!!!
RispondiEliminaMi spiace da morire per quella Donna (sì, D maiuscola), mi spiace per la condizione di vita che ha sopportato e sono felice per la forza che sta tirando fuori!
Family day...mahhh
I pregiudizi li creiamo noi genitori: ai miei figli insegno che l'amore non è solo quello tra mamma/papà e mamma/papà/figli, esistono anche donne e uomini che si amano tra loro e non devono essere giudicati perchè si amano.
I figli imparano a non giudicare se glielo insegniamo noi genitori...
Cara Stef, che bello rileggere te! Grazie per il tuo commento, condivido in pieno :)
EliminaUn abbraccio XD
I tuoi articoli sono sempre interessanti, toccanti, bellissimi. Mi è mancato leggerti.
RispondiEliminaPatrizia
Patrizia, sei sempre gentilissima e carina!
EliminaGrazie di cuore e un forte abbraccio XD