L’esordiente è un personaggio affascinante.
Non esiste individuo più entusiasta di lui
riguardo il proprio lavoro, quello con la più innocente delle speranze nel
mondo e con incrollabile fede nell’umanità.
Questo è ciò che lo sostiene durante la
stesura del suo romanzo. No, no. Del suo capolavoro.
Nessuno ha creato un manoscritto così,
prima d’ora.
Nessuno ha profuso tanto impegno in uno
scritto quanto lui nelle sue parole.
È stato minuzioso. Quel file di 350 pagine è andato
avanti indietro via mail per mesi, tra lui e i suoi “editor”, amici troppo
garbati per rifiutargli qualcosa chiesto con tale, mal dissimulata
disperazione. Ha accolto tutti i commenti con grande umiltà e ha rielaborato
capitoli interi, due, tre, cinque volte. Poi li ha rimandati agli amici, per
dimostrare di aver imparato diligentemente a fare la cacca nel vasino.
È stato rigoroso. Ha setacciato il web alla ricerca dell’impostazione
corretta della punteggiatura. Ha tirato giù tutti i suoi libri preferiti e ha
eseguito anche lì una verifica ulteriore: meglio abbondare che essere avari.
È stato severo. Ha letto tutte le biografie di scrittori
famosi e quando ha revisionato la sua prima bozza ha sfrondato cinquanta pagine
di soli avverbi. Poi altre cinquanta che non rispondevano positivamente alla
domanda “è proprio necessario”? Poi ha visto che gli rimanevano altre 400
pagine e ha pensato che poteva smetterla di avere paura del discorso diretto
libero e che poteva lasciare che ad una domanda seguisse una risposta senza tre
paragrafi di riflessione in mezzo.
È stato oculato. Ha stampato tutto il manoscritto per
revisionarlo anche pagina per pagina, perché gli errori che balzano all’occhio sul
cartaceo sono sicuramente il doppio di quelli del formato elettronico. E poi
doveva scattare un selfie con il
malloppo, il nome dello pseudonimo che tanto faticosamente ha scelto in bella
mostra sotto il titolo.
Okay, il nostro esordiente è davvero una
personcina perbene e ha fatto tutto a modino.
La fase successiva è stilare una lista
delle Case Editrici papabili. E qui inizia a vacillare.
Ha preparato una sinossi, una biografia,
una lettera di presentazione. E parte dai “Big” perché lui ha scritto un
capolavoro. Ma i “Big” sono di tutt’altro avviso. Su dieci CE di grossa nomea,
un terzo accetta materiale di tipo informatico, il resto solo cartacei.
Da una parte si deve iniziare e di solito
si parte con le mail. Ma ci sono delle regole. Alcune CE vogliono la sinossi e
due, tre capitoli; altre non vogliono la sinossi, ma una lettera di
presentazione dettagliata con il manoscritto completo; altre vogliono il
manoscritto e una scheda di presentazione; altri vogliono la biografia con
contatti nel corpo mail e in più “non dimenticate i vostri dati in allegato”
(-.-); altri forniscono delle indicazioni precise, tipo step 1, 2, 3. Insomma,
quando il nostro esordiente clicca su invio avrà venti pagine di word aperte,
tutte con minime variazioni l’una dall’altra, e gli occhi che si incrociano.
Invia.
Distende la schiena e si rivolge ad un
Essere Superiore che vegli su quella sua mail, inondandola di fortuna e
benevolenza.
Poi, col sorriso sulle labbra, inizia a
chiudere il caos che ha in barra inferiore.
E si sofferma su qualche riga, il nostro
esordiente tanto speranzoso, perché pure le lettere di presentazione sono
piccoli gioielli partoriti dalla sua mente.
“Gentile Editore, o scritto un romanzo
sentimentale…”
Fermi tutti.
Rilegge. Poi rilegge ancora.
Lui, che nemmeno in terza elementare ha mai
sbagliato l'ortografia di un verbo ausiliare, ha scritto, anzi, “a scritto”.
Tragedia.
Dramma.
Catastrofe.
Già pensa a come eseguire un seppuku impeccabile, perché chiaramente
è l’unica cosa che gli rimane da fare. Suda, il nostro eroe, alle 00.39, mentre
cerca di capire se il file incriminato, uno di quelli tagliuzzati qui e lì in
cui il canc per rientrare nelle famose “3000 battute” è scivolato una volta di
troppo, sia proprio uno di quelli inviati. Non si ricorda più in quale cartella
l’ha inserito, non si ricorda più nemmeno a chi.
“Fa' che non sia un Big. Fa' che non sia un
Big”.
La Casa Editrice era la Fazi.
E il nostro eroe esordiente, la
sottoscritta.
L’episodio che vi ho riportato ha un solo
scopo. Farvi ridere insieme a me.
Nella mia vita ho, fortunatamente o
sfortunatamente, imparato che le priorità sono altre. Se la Fazi dovesse
accettarmi, ciò non cambierebbe la mia esistenza. Lo stesso accadrebbe se non
dovessi ricevere risposta (credo di essere stata la prima autrice a sperare che
il file venisse cestinato a priori). Scrivo per passione, necessità interiore,
voglia di comunicare. Pur con la consapevolezza che il mio romanzo non è
perfetto e che l’intervento di una Casa Editrice potrebbe migliorarlo
sicuramente, io bramo di condividerlo con voi e so che accadrà. In un modo o in
un altro.
Non siate troppo severi con voi stessi, non
prendetevi eccessivamente sul serio.
Ridete.
Ridete di voi, delle situazioni in cui il
caso vi fa precipitare, ridete più che potete.
Sono tante le cose che ci strappano una
lacrima, ma se è di gioia, allora sì che vale la pena versarla.