domenica 22 dicembre 2013

Auguri!

Carissimi amici,
ci tenevo a farvi i miei auguri sinceri anche qui, dove magari passa qualcuno che non segue gli scleri quotidiani sui social di mia predilezione (Twitter e Fb).
Ho scritto una minific come regalino di Natale (la trovate qui), cosa che non mi è mai riuscita prima, con mio sommo dispiacere. Probabilmente è perché conoscevo un solo modo di scrivere, mentre adesso ne sto imparando ad apprezzare le sfumature o magari, più semplicemente, mi sentivo ispirata.
Spero che trascorriate giorni sereni, o allegramente frenetici se siete inclini all’attività (tanta stima: io ho iniziato a sentirmi stanca il primo dicembre). Sopra ogni cosa, spero che possiate trascorrere queste feste insieme a chi amate, dimenticando per un po’ le tribolazioni di tutti i giorni.
Scartate tanti regali, non mangiate troppo, ridete tanto e dite ai vostri cari quanto li volete bene.
Ne approfitto per segnalarvi l'inserimento nella colonna di sinistra delle voci "Contattami in privato", mediante cui potete scrivermi senza rendere pubblico il vostro commento e "Follow by email", che vi permette di ricevere una notifica ogni volta che pubblicherò un nuovo post.
Usate i nuovi comandi, mi raccomando: fate in modo che tutti quei neuroni non siano morti invano.


Auguri a tutti! 

giovedì 17 ottobre 2013

Consigli per gli acquisti #4

Ho una particolare predilezione per l’Oriente.
Trovo che ci sia qualcosa di poetico nei paesaggi un po’ tremuli, nelle usanze antiche e ricche di significato, nella cortesia e nel profondo rispetto degli orientali, in particolare cinesi e giapponesi. Quando è l’Occidente ad intrufolarsi in quel mondo provo sempre un lieve senso di fastidio, come se fosse, in ogni caso, una contaminazione indelicata.
Quello che vi propongo è un film del 2006, Il Velo Dipinto, (The Painted Veil), diretto da John Curran.
E’ stato girato prevalentemente in Cina e si vede. Le ambientazioni sono meravigliose, l’atmosfera è magica.
La trama è molto interessante. Kitty, giovane capricciosa e viziata, e Walter, medico rigido ed intransigente, si sposano negli anni Venti, ma mentre lui si dichiara perdutamente innamorato di lei pur senza conoscerla realmente, Kitty lo sposa senza amore, per sfuggire ad una vita familiare opprimente. Un viaggio ai confini della Cina dilaniata da un’epidemia di colera li metterà di fronte ai sentimenti che provano per l’altro e verso se stessi.
Trovo che i due attori protagonisti siano stati bravissimi ad interpretare dei ruoli complessi, tormentati e in evoluzione. Il film non è ricco di azione e potrebbe risultare un po’ lento, ma è proprio nelle parti meno movimentate che, a parer mio, si realizza il lavoro migliore e più evocativo.
Vi lascio il trailer e vi consiglio di non perderlo. Che poi c’è Edward Norton. Non so voi, ma quella faccia da innocentino che nasconde un animo passionale ed impetuoso, a me fa sangue assai.
E poi, le musiche sono di Alexandre Desplat.



sabato 31 agosto 2013

Il punto della situazione #2

Cari amici,
a fronte di due mesi e mezzo dall’inizio del lavoro di rielaborazione della mia storia posso fornirvi qualche piccola coordinata.
Si è a lungo discusso con le mie editor (pensate un po’, ne ho due. Così che mi possano fare il sedere a quadri e non solo a strisce) sulle impostazioni narrative di base. Più di un mese è stato necessario per decidere i tempi verbali e l’uso della persona, un paio di settimane per stabilire cosa differenziasse un libro da una ff e cosa differenzia i nuovi personaggi da quelli che erano in bozza (ho dovuto stilare anche un elenco di dieci caratteristiche distintive tra i vecchi e i nuovi protagonisti. Ci ho messo una settimana -.-‘) , tutte le ore della mia giornata (e molte delle loro) per riflettere su quale sarà il senso dell’eros di questo libro.
Vi porto a conoscenza della luminaria che mi si è accesa nel cervello a botta di invii in allegato del capitolo X e dell’X(1), X(2), X-bis, X-ri-rivisto, X sbrindellato e sanguinante, e così via.
Non c’è nulla di più semplice che prendere una ff, cambiare nomi cose città e schiaffarla su carta o formato elettronico. Basta rivolgersi ad uno di quei siti che “fanno tutto al posto vostro”, anche la pipì. E basta guardarsi allo specchio e ripetersi ogni mattina il motto del giorno: “sono bella, sono figa, sono una scrittrice”.
Poiché non sono né bella, né figHa, e di sicuro non penso di essere una scrittrice, mi sono armata di grande umiltà e ho sottoposto le prime revisioni al giudizio obiettivo di persone competenti. E, naturalmente, me le hanno rimandate indietro zeppe di commenti.
Sorvolando sul mio rapporto controverso con le virgole e l’ipercorrettismo, c’erano altri due problemi fondamentali: A) staccarmi dai ritmi della fan fiction; B) gestire il sesso (non quello della mia vita, ma quello del libro). Che poi, sembrano caratteristiche a sé stanti, ma non lo sono affatto.
Per una ff i tempi di lettura sono molto lunghi (nel mio caso, biblici). È necessario mantenere alto il livello d’interesse: ci si deve anche dilungare nella narrazione per far recuperare il filo del discorso tra un aggiornamento e l’altro ma, nel contempo, stuzzicare la curiosità; spesso vanno inserite delle lemon ad hoc per far sì che i protagonisti facciano un po’ di sana ginnastica per le vene varicose.
L’impostazione di un libro è diversa (che non significa migliore o peggiore). I personaggi vanno inquadrati subito; lo spazio per farli crescere è un libro intero certo, ma temporalmente parliamo di giorni, forse poche settimane (non per me. Quando sono in vena posso anche spazzolare un libro al giorno). I tempi della narrazione sono, dunque, molto diversi ma lo sono soprattutto i personaggi. La loro evoluzione deve essere coerente con la storia, ma anche descritta con lucidità. Le seghe mentali sono off-limits.
Il sesso.
Senza nulla togliere ai libri in cui la trama generale si sostiene su pilastri di peripezie sessuali varie che, in determinati periodi storici, ho prediletto anche io (la Ward e la Adrian, per citarne un paio), questo non sarà un libro erotico, ma racconterà anche l’erotismo (e se ne parlerà. Il sesso è ovunque e non vedo la ragione di oscurarlo, ma nemmeno quella di ostentarlo).
Poiché ho un lavoro, una famiglia, un elenco giornaliero di cose da fare e di certo non ho la presunzione di pensare di arricchirmi con la pubblicazione di un libro (specie in Italia), né ho necessità di trovare la maniera di occupare il tempo, con questa storia intendo innanzitutto comunicare, perché proprio sul sesso e sull’importanza che riveste nella vita delle persone penso ci sia qualcosa da dire.
E cosa ci vuoi dire, dunque?
Voglio dire che quasi a metà percorso di rielaborazione sono soddisfatta del lavoro svolto finora, grata alle mie editor per il tempo, le competenze, le riflessioni che mettono al mio servizio sottraendolo a momenti che potrebbero dedicare alle rispettive famiglie, orgogliosa del file “Tagli” che più si allunga più mi fa sentire in grado di pedalare senza rotelle (nonostante all’inizio ne fossi, proprio come i bambini, terrorizzata), stanca di rileggere al mattino come facilmente sappia virare dal passato remoto al presente quando mi ostino a correggere un paragrafo dopo mezzanotte.
E poi sono impaziente. Di mostrarvi come anche nella terra arida è possibile trovare un fiore meraviglioso da coltivare con pazienza, rigore, impegno e nutrire di sogni. Che è possibile avvampare leggendo una scena erotica anche senza essere costretti a munirsi di navigatore satellitare.
Che vale sempre la pena di mettersi in gioco nei progetti lunghi e laboriosi perché, se da un lato ci sottrarranno tempo e salute, sono proprio quelli i percorsi da cui trarremo maggiore soddisfazione e forza per tutto il resto.
A me sta succedendo. Sto sostenendo ritmi pazzeschi e non mi sono mai divertita tanto.

Ma in fondo è così: i ricordi dei viaggi più divertenti che ho fatto sono quelli in cui mi perdevo per strada. 

martedì 9 luglio 2013

Consigli per gli acquisti #3

Per il terzo appuntamento con la rubrica “Consigli per gli acquisti”, vorrei proporvi due pellicole molto carine.
La prima è su suggerimento esterno, di una lettrice ed amica twitterina, Kikkasole (grazie cara :*).
Qualcuno da amare (Untamed Heart) è un  film del 1993, diretto da Tony Bill ed interpretato da Marisa Tomei e Christian Slater. Adam è un aiutante cuoco, tenebroso ed affascinante, che lavora nello stesso bar di Caroline, perennemente alla ricerca del grande amore nei ragazzi sbagliati. Una notte, Adam salva Caroline da un tentativo di stupro e tra i due nasce una relazione molto particolare, scandita dalle critiche condizioni di salute del ragazzo. Di seguito, il link al film completo.



Questa pellicola è di vent’anni fa ed io l’avrò vista, appunto, vent’anni fa (-.-‘). Ricordo con chiarezza la trama, tuttavia, poiché è uno dei primi che mi ha fatto versare una cascata infinita di lacrime. Non dimenticate scorte di gelato e fazzolettini ù.ù

La seconda pellicola è uno dei più film più angst che abbia mai visto.
Shame (Shame) è un film del 2011, diretto da Steve McQueen e interpretato da Carey Mulligan e dallo gnocchissimo Michael Fassbender. Al Festival del Cinema di Venezia del 2011, il protagonista ha vinto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile.
Brandon è un uomo d’affari trentacinquenne di New York che vive una vita di totale asservimento di varie dipendenze, di droghe, ma soprattutto dal sesso. La difficoltà a controllare e gestire le sue pulsioni sessuali, che sfoga con incontri occasionali, frequentazione di prostitute e continue masturbazioni, lo porta a condurre una vita solitaria e di maniacale riservatezza. Solo l’arrivo in città della sorella minore, l’insicura Sissy, potrebbe spezzare la sua ossessione, permettendo a Brandon di prendere il controllo della propria vita (fonte Wikipedia – eccetto lo “gnocchissimo”).



L’interpretazione di Fassbender è spettacolare. Quella della Mulligan è perfettamente in linea col personaggio ma, più di ogni cosa, è la regia ad essere incredibile.
Benché abbia improntato questa rubrica su toni molto leggeri, proponendo in genere commedie romantiche e non impegnative, questo consiglio filmico non posso proprio evitarlo. E’ un film unico nel suo genere con una regia d’eccellenza. L'ho trovato molto commovente.
Avvertimento: In Italia è stato vietato ai minori di 14 anni e ci sono scene molto esplicite (a parer mio è molto più osceno il Grande Fratello, ma son gusti ù.ù). GUARDATELO.

Scrivetemi i vostri suggerimenti, commedie romantiche o film che vi hanno molto colpito, e condividiamoli!

Alla prossima :*

domenica 23 giugno 2013

Consigli per gli acquisti #2

Per la rubrica “Consigli per gli acquisti”, mi pare doveroso dedicare uno spazio ad uno gnocco con la GN maiuscola: Patrick Dempsey, il dottor Stranamore di Grey’s Anatomy.
Tutta colpa dell’amore (Sweet Home Alabama), pur essendo datato 2002, è un filmetto molto gradevole. Appena iniziato, ho alzato gli occhi al cielo: miele. Miele e perfezione ovunque, i classici film che mi annoiano a morte. Ma si intuisce subito che non è tutto come sembra e presto allo gnocco number one, si aggiunge Josh Lucas: praticamente c’è di che saziarvi a lungo.
Reese Witherspoon non è una delle mie attrici preferite, ma ammetto che fa abbastanza Meg Ryan in questo film, non so se riesco a spiegarmi. E’ vittima di qualche situazione tragi-comica, aria da innocente e animo sincero.
Il film merita un’occhiata in un pomeriggio o una sera di noia, giusto per trascorrere un’oretta e mezza in relax.
Vi lascio il link su Youtube con il film completo, da vedere solo in alta risoluzione (se avete una connessione lenta non si vede una cippa).





La seconda pellicola che vi consiglio è questa.
Il lato positivoSilver Linings Playbook è un film del 2012, diretto da David O. Russell, tratto dal romanzo di Matthew Quick “L’orlo argenteo delle nuvole”. I protagonisti sono Bradley Cooper e Jennifer Lawrence. La pellicola ha ricevuto otto nomination ai premi Oscar del 2013, vincendo quello per la Miglior Attrice protagonista, consegnato a Jennifer Lawrence. (fonte Wikipedia).
Mi è piaciuto tantissimo. Già dall’inizio del trailer c’è una scena grandiosa, una che –lo ammetto – ho pensato di fare io stessa almeno dieci volte nell’ultimo periodo (provare per credere ^^). E’ un film divertente, con quel filo di drammaticità ben stemperato dai dialoghi serrati e battute argute.
Vi lascio il trailer ufficiale.





Enjoy it ;)

giovedì 13 giugno 2013

Il punto della situazione #1

Amici carissimi, ho deciso di cancellare “Una Sera, per caso …” dal sito di EFP per un paio di ragioni.
La prima, più importante, è che è zeppa di errori, specie nei capitoli iniziali, e necessita di una bella sistemata. Ho rivisto i primi undici capitoli e, correggendoli, mi son trovata praticamente a riscriverli quasi per intero: ho realizzato di praticare un vero e proprio editing, anche spietato in realtà (il che mi riporta a quanto siete stati magnanimi nei miei riguardi lol). Così com’è, questa storia non può stare da nessuna parte.
E quindi, veniamo alla seconda ragione. Voglio organizzare “Una sera” in un file unico ed apportare tutte le modifiche che riterrò necessarie. Allo stato attuale, ho circa 800 pagine da rivoluzionare.
Che ne farò di questo file?
Ancora non ho deciso, dipende da cosa ne esce fuori. Chiariamoci: sono abbastanza onesta con me stessa da conoscere i miei limiti, ed anche consapevole che una fan fiction resta, comunque, un allenamento alla scrittura e non può diventare, così com’è, un libro in “carne ed ossa”. Quando ciò è accaduto nei casi a noi, tristemente, noti potrà essersi trattato anche di un successo editoriale, ma resta, a parer mio, un fallimento personale. La mia scrittura è cambiata radicalmente dal primo all’ultimo capitolo postato. Quando ho iniziato, quasi per gioco, a modificare i nomi, qualche frase e situazione, ho notato che erano di più le cose che cancellavo che quelle che mantenevo: termini usati in modo improprio, refusi, formattazione scorretta, punteggiatura confusionaria, descrizioni carenti o poco convincenti, debolezze inaccettabili nella struttura portante.
E, rileggendo, ho realizzato che le parole stanno via via acquistando un carattere, una personalità di cui prima mancavano.
Ho necessità di effettuare questo percorso su me stessa, quello di mettermi alla gogna e di scovare le debolezze del mio stile in modo sprezzante e, nonostante sia consapevole che non si è mai buoni giudici di se stessi, so che non ho fatto ancora del mio meglio: posso fare davvero di più e voglio farlo.
Nelle mie intenzioni non c’è quella di sfornare il libro del secolo: le fan fiction raffazzonate e lanciate nella mischia editoriale mi sembrano un’offesa all’intelligenza del lettore. Ciò che desidero è rendere completamente personale il mio lavoro che, allo stato attuale, è ancora molto immaturo per essere meritevole di seria considerazione. Non da parte di un editore, ma da parte dei lettori.
E poi?
Poi si vedrà.
Potrei decidere di chiedere un parere professionale in merito alla qualità dello scritto, riproporlo sul mio blog o gettarlo nel dimenticatoio, ma sarà un percorso utile in ogni caso e, ritengo, obbligato per i miei progetti futuri (che nel mio pc hanno le sembianze di un prologo e primo capitolo di una storia – credo - promettente). Prima di andare avanti con quella, però, sento di dover sviscerare ciò che è già stato.
Veniamo ora, al terzo punto. Tre mesi dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo mi pare un tempo ragionevole per supporre che chi seguiva la storia abbia letto anche l’epilogo. Da oggi, quindi, non trovate più la fan fiction sul sito di EFP e sul Forum di Twilighters Italia. Giusto per essere chiari, vi comunico che i diritti d’autore per questa storia sono stati registrati ufficialmente già da tempo: proibisco esplicitamente ogni diffusione, ogni ispirazione, qualsiasi riferimento diretto o indiretto ad essa o a parti di essa senza debita autorizzazione scritta. Tuttavia, mi affido al vostro buon senso e vi chiedo di tenere per voi qualsiasi cosa a riguardo di cui siate venuti in possesso in questi anni. D’altro canto considero “Una sera” ancora una bozza, suscettibile di molti rifacimenti e cambiamenti anche sostanziali: chi dovesse rileggere questa storia in futuro, potrebbe trovare evoluzioni e situazioni molto differenti da quelle già lette. Resta inteso, comunque, che sarebbe una rielaborazione della fan fiction pubblicata sul sito EFP tra il 19/10/2009 e il 16/03/2013 sotto lo pseudonimo “endif”, di mia esclusiva proprietà. Coloro che hanno fatto il pensierino di “ispirarsi” alla suddetta fan fiction (o lo stanno già facendo: sono democratica ma non sono né stupida, né cieca ^^), specie appellandosi al fatto che la cancellazione su EFP potrebbe dare il via libero per un plagio indiscriminato, è bene che sappiano che la loro, sarebbe una scelta davvero poco saggia: non mi sono fatta scrupoli a portare in tribunale persone per molto meno XD
Punto quarto: e gli extra che ci avevi promesso? Non li ho dimenticati, ma per adesso saranno accantonati, in attesa di vedere cosa riesco a combinare con la correzione di questa storia. Non so come spiegarlo in modo chiaro, ma mentre riscrivevo i primi capitoli, i personaggi hanno assunto dei contorni differenti da quelli precedenti ed hanno cominciato a “parlarmi” diversamente. Ora come ora, non riuscirei a scrivere di quelli che erano in bozza, mi dispiace.
Sono molto emozionata per questa piega inaspettata che il mio lavoro ha assunto: ho cercato di ignorare il senso di disagio che mi faceva svegliare in piena notte, ho provato sul serio a scrivere il primo extra, ma quando ho aperto word ho preso a fare tutt’altro. Solo nel momento in cui ho raggruppato tutti i capitoli insieme, iniziando a modificare i primi tre alle 5.00 del mattino, ho ripreso a respirare e sono tornata serena. E’ questo, ciò che devo fare adesso.
In un modo, o in un altro, ritornerete in possesso di questa storia se ne avrete desiderio e sapete che mantengo sempre le promesse.
Per qualsiasi aggiornamento di stato, fate riferimento al blog.
Grazie per la comprensione ;)


Maria Luisa

domenica 9 giugno 2013

Consigli per gli acquisti #1

Quando decido di fare qualcosa, specie se quel qualcosa include dedicarmi ad una delle mie passioni, non è raro che mi ci senta talmente coinvolta da scordarmi di tutto il resto. Per fortuna, in questo sono abbastanza volubile: c’è il momento storico della lettura (diciamo che, in sottofondo, questo momento è quasi sempre presente nelle mie giornate. Un libro mi accompagna ovunque, anche dove sapete voi …); quello della scrittura (più dilatato nel tempo, ma più intenso); quello del disegno (molto più rappresentato in passato che attualmente); quello dello sport (ehm … uhm …); quello della cucina (ho uno scaffale ad uso esclusivo dei libri da cucina).
Insomma, ad un occhio distratto sembro una persona normale. Una che, tra i compiti giornalieri di casa e lavoro, legge un po’, un po’ scrive, un po’ cucina, qualche volta dà sfoggio di qualche completino sportivo e si spara qualche chilometro di jogging. Ad un occhio attento (mio marito e i miei figli, giusto per intenderci), invece, appaio per quella che sono: una compulsiva.
Quando leggo un libro che mi piace non ho pace finché non l’ho finito.
Se inizio a scrivere, posso anche dimenticare di preparare il pranzo o di togliermi il pigiama.
Qualcuno in casa dice di voler mangiare qualcosa di particolare? Preparo un banchetto da sceicco con pietanze che Gordon Ramsay non potrebbe far altro che inchinarsi ai miei piedi ù.ù
Sono un’estremista.
Al solo scopo di sviare quelle occhiate biasimevoli che in passato, ostinatamente, ignoravo, e un po’ perché, diciamocelo, è sempre più confortante avere a che fare con una persona che un minimo di equilibrio cerca di detenerlo, piuttosto che perderlo definitivamente, ogni tanto mi obbligo ad intercalare una qualche attività innocua in mezzo alle pulsioni che minacciano di prendere il sopravvento: guardo un film.
Guardare i film (o i telefilm), per me, è spegnere il cervello, mettere in stand-by i pensieri, prendermi una pausa (tutte le attività sopracitate le svolgo con la costanza di un lavoro precario: al massimo dell’impegno fisico e mentale). Non sopporto di leggere un libro banale, ma un film banale non mi disturba troppo. Se ci sono dei gran bei fighi, tanto meglio: dobbiamo, o no, riposare gli occhi?
E veniamo a noi. Perché non condividere con voi qualcuno di questi scacciapensieri/risciacquo-pupillare?
Inauguro la nuova rubrica "Consigli per gli acquisti", aperta ai vostri suggerimenti ed alle vostre impressioni. Uno scambio reciproco di gnocchi, amari utili per digerire, dessert per addolcire una giornata difficile.
Inizio con due pellicole che mi hanno colpito:
La musica nel cuore (August Rush) è un film del 2007, diretto da Kristen Sheridan. La storia racconta di un ragazzino, piccolo prodigio della musica, che fugge dall'orfanotrofio per cercare i genitori a New York. Il protagonista è interpretato da Freddie Highmore, mentre Keri Russel e Jonathan Rhyes-Meyers sono madre e padre del piccolo, Terrence Howard è un assistente sociale e Robin Williams indossa i panni di un cinico chitarrista. (fonte Wikipedia).



Il trailer ufficiale non rendeva bene, quindi ho postato un fanmade bellissimo, con molte scene del film. Ho spammato questa pellicola su fb come un'indemoniata. L'ho trovato magico, romantico e molto fiabesco. Ci sono tutte le caratteristiche per una visione piacevole: il ragazzino è BRAVISSIMO, oltre ad essere molto, molto dolce; Robin Williams non ha bisogno di presentazioni; e c'è lo GNOCCO (Jonathan Rhys-Meyers).

Il secondo film che vi propongo è:
The Tourist, una pellicola del 2010, diretta da Florian Henckel von Donnersmarck, interpretato da Angelina Jolie e Johnny Depp. Il film è un remake del film francese Anthony Zimmer, scritto e diretto da Jérome Salle. (fonte Wikipedia).




E' un thriller-romance, quindi, se vi resta in funzione un neurone dopo una giornataccia ed avete voglia di giocarvelo, guardatelo.
L'interpretazione di Johnny Depp è eccezionale, la Jolie è deliziosa, e molti ruoli secondari sono affidati ad attori nostrani. Carinissimo e consigliatissimo ^^

E voi? Che avete visto di recente che vi ha fatto battere il cuore, ridere, rilassare?
Let me know :)

mercoledì 22 maggio 2013

Recensione: "Captive in the Dark" di C.J. Roberts

Questo romanzo merita una recensione coi fiocchi. Primo di una trilogia, la saga The Dark Duet, è disponibile solo in lingua inglese (speriamo in una prossima folgorazione da parte degli editori italiani), ma non temete: se l’ho letto io, credetemi, potete farlo tutti U.U
Nonostante fossi stata avvisata per tempo, non sono riuscita a prepararmi completamente dal punto di vista emotivo prima di immergermi nella lettura di questo libro.
Sono una personcina curiosa e non manco mai di dare una sbirciata alle trame, così, giusto per stabilire un primo contatto e vedere se può nascere qualcosa di più ;)
Con solo l’intenzione di capire quanto fosse approcciabile l’inglese di questo romanzo, ho letto un paio di pagine. Poi, un capitolo.
E, poi, ho capito che non sarei riuscita a staccarmi se non fossi arrivata alla fine.
Sapevo che avrei odiato questa trama dalla prima all’ultima parola, lo sapevo e così è stato. Ed ero timorosa come poche volte, non tanto per la crudezza di certi passaggi, ma per il terrore di una delusione enorme. Non avrei sopportato di arrivare a metà libro e scoprire che nella testa di questa autrice un rapimento - con tanto di iniziazione al bdsm, tortura e violenza carnale -, evolvesse in una storia d’amore.
Se c’è una cosa che reputo sacrosanta è la consensualità. Poi, mi va bene tutto (quasi).
-Spoiler –
Livvie è una diciottenne spezzata, con un animo sensibile ed una determinazione straordinaria  a meritare l’amore degli altri: quello della sua famiglia (di sua madre in particolare), quello di un’anima gemella immaginaria. Nonostante tutte le delusioni che la vita le riserva continuamente, Livvie non smette mai di sperare. Spera che la madre le *perdoni* la colpa di essere nata donna, che ricoprirsi di abiti informi e mantenere un aspetto dimesso possa aiutarla a *comportarsi come si deve*. Spera, inconsapevolmente, di non fare la fine di sua madre, ma razionalmente vuole solo essere meritevole di amore. Quando viene rapita, piomba nella disperazione, pensando di aver fallito e di essere/diventare una poco di buono. Se ne convince, nel momento in cui scopre l’identità del suo rapitore e capisce di conoscerlo già. Pensa che nei suoi atteggiamenti ci sia stata quella provocazione malata che ha spinto l’uomo ad essere ossessionato da lei, al punto di rapirla. Non sa di essere solo un mezzo per la vendetta a cui Caleb ha votato tutta la sua vita, la vendetta che ha bisogno di compiersi affinché lui possa affrancarsi completamente dal suo passato – a sua volta – di vittima innocente, e nel contempo sdebitarsi con l’uomo a cui deve la sua salvezza.
Caleb è un uomo violento, ma la violenza che esercita nei confronti della ragazza è sempre studiata, sottoposta al controllo delle emozioni, mai vissuta come piacere personale. La ragazza non ha un nome, non ha una storia, non ha emozioni. Ha delle reazioni che devono essere allenate di continuo affinché diventino istintive e concorrano a creare la schiava di piacere perfetta da vendere ad una misteriosa asta che verrà effettuata in Pakistan, la donna destinata a compiacere l’uomo che Caleb deve annientare, regalando a lui e a Rafiq, il biglietto di prima classe per il compimento della loro vendetta personale.
Ma Caleb cresciuto in un mondo di violenza, all’inizio per obbligo, poi per scelta, si trova a capire solo quella, a vedere la realtà che lo circonda solo attraverso quei particolari filtri. Inizia a sentirsi coinvolto emotivamente dalla ragazza. Più tenta di piegarla, più lei resiste. Se ci riesce con il corpo, altrettanto non accade con la mente.
La ragazza è una sopravvissuta, proprio come lui.
Nell’evoluzione della storia, Livvie ha dei momenti di cedimento, oltre che fisici, anche emotivi. Arriva a chiedersi se sta iniziando a soffrire della sindrome di Stoccolma, perché sente di provare qualcosa nei confronti dell’uomo che l’ha rapita, il suo stesso corpo la tradisce quando lui la tocca.
Ma quando le circostanze diventano favorevoli e Livvie ha la possibilità di fuggire, lo fa. Senza voltarsi indietro nemmeno una volta.
E mi fermo, per non spoilerare tutta la trama.
Mi è piaciuto moltissimo lo stile di questa autrice. Chiaro, incisivo. La storia è in prima persona, dal punto di vista di Livvie, e in terza nelle parti riguardanti Caleb. Anche questa tecnica narrativa è appropriata, secondo me: crea il necessario distacco dal rapitore, concorrendo a stabilire una sorta di connessione emotiva con la vittima.
Tra i due protagonisti non nasce una relazione d’amore. Mai in questo libro. E’ una sorta di complicità, ma né quello di Caleb può definirsi amore (distorta com’è la sua visione del mondo a causa della sete/necessità di vendetta), né quello che sente Livvie, la quale scopre in se stessa un incrollabile istinto di conservazione che decide di assecondare totalmente, senza sapere bene dove la condurrà …
Questo è un libro che lascia il segno, che spinge ad una riflessione, che va preso con le pinze, senza alcun pregiudizio di base. Solo così può essere apprezzato: leggendolo.
Non mi sento di consigliarlo, tuttavia, in maniera indiscriminata. Bisogna essere nella giusta predisposizione d’animo, essere consapevoli che non si vorrà/potrà quasi mai simpatizzare coi protagonisti ed essere pronti a leggere scene per niente piacevoli. Non è una storia sul bdsm, ma parla anche di bdsm in modo marginale. C’è molta violenza, invece, questo sì. Quello che posso dire, però, è che l’autrice ha fatto un ottimo lavoro.




venerdì 22 marzo 2013

Recensione: "Perfetto" di Alessia Esse


Questo è un libro che ho acquistato senza troppe riflessioni, cosa che, invece, mi capita spesso di fare quando un romanzo mi sembra promettente, ma non conosco molto bene l’autore. Prima di spendere i miei soldini ci penso sempre dieci volte: anche se magari si tratta di un costo relativo, come per gli e-book, se il libro si rivela poi deludente, mi sembra di aver subito un vero e proprio tradimento.
Conosco molto bene lo stile di Alessia Esse. Per quanto permettano i social network, un po’ conosco anche com’è lei e sapevo che, al di là di ciò che suggeriva la sinossi del libro, avevo appena acquistato un prodotto di qualità e che non mi sarei pentita per niente.
Per di più è una scrittrice esordiente e, quindi, al di là di tutto, darle una possibilità è più che doveroso.
Inoltre, si è auto-pubblicata. Di questo dettaglio, parlerò più avanti.
Allora, questo primo romanzo di quella che sarà una trilogia, mi è piaciuto molto. Ho ritrovato una scrittura fresca, semplice, chiara e fruibile da un pubblico vasto. Perfetto soddisfa ogni tipo di lettore, e lo affermo in qualità di non amante particolarmente il genere distopico. E’ una storia di grandi sentimenti: troviamo una straordinaria amicizia, l’amore incondizionato per la famiglia, il rispetto e la dedizione verso il proprio paese. Con la stessa cura con cui vengono tratteggiati gli aspetti positivi, l’autrice si dedica anche a quelli “negativi”: l’autorità imposta, il senso di ribellione, lo sterminio del genere maschile. E poi ci sono le sfumature: a mio parere, lì Alessia dà il meglio di sé. Il cattivo non è mai completamente cattivo, l’eroe non è immune alla paura, l’amico non è pervaso solo da sentimenti di amicizia. Infine, c’è l’amore a cui, secondo me, è riservato il giusto spazio considerando il contesto della storia, senza eccessi.
Perfetto non è una storia d’amore, ma non è nemmeno una storia d’amicizia.
E’ la storia di una trasformazione.
Conosciamo, qui, Lilac e la sua vita a Malorai. Ci lasceremo incuriosire dal personaggio della Vecchia, così come da quello di nonna Francesca e Vega G. In questa parte iniziale del romanzo, vengono gettate delle ottime basi: si chiariscono quei dettagli che differenziano Malorai dal mondo chiuso; si realizza anche la collocazione spazio-temporale e viene fatto in modo molto originale, inserendo la figura di Rose, un personaggio singolare di cui mi auguro sapremo molto di più in Segreto (il secondo libro della trilogia di Lilac). A cominciare dall’incipit della storia, proseguendo nel corpo centrale, fino alla conclusione, in ogni riga del romanzo ci sono sempre delle cime invisibili con un passato non del tutto dimenticato. Lo scenario cambia presto e segue un “on the road”, aspetto che molto appassiona questa talentuosa scrittrice e che viene trattato con la tempistica giusta, senza fretta e centrando gli elementi che saranno funzionali alla storia. L’“on the road” è mirabile a questo proposito: è il vero collegamento tra Malorai e ciò che resta del mondo, tra presente e passato, tra la Lilac che è stata e quella che è in divenire.
Com’era previsto, Perfetto si conclude senza concludersi realmente, ma l’autrice sta lavorando al seguito e sono certa che darà risposta a tutte le domande rimaste insolute. La trama di questa storia non è solo originale. E’ complessa, verosimile, intrigante. Lo stile è scorrevole, non pretenzioso, senza per questo apparire banale.
Riguardo le modalità di pubblicazione, mi pare doveroso spendere qualche parola.
Senza troppo girarci intorno, a mio parere, per il self-publishing in Italia dovrebbe essere conseguito tipo un brevetto, dopo  adeguato corso di laurea decennale. Un po’ come per la libera procreazione, cosa che mi sentirei caldamente di vietare con metodi alla Gestapo. Troppi sono gli scribacchini che si improvvisano grandi scrittori, compiendo scempi inauditi dei loro lavori e seminando un clima di terrore e diffidenza tra i poveri lettori. Come per molte altre cose in questo paese, si sta diffondendo l’abitudine del prendere scorciatoie comode per realizzare i propri sogni. Chi non ha talento va in televisione a ballare/cantare/spogliarsi e via discorrendo perché tanto, l’importante è farsi vedere, senza considerare che tra fama e fame c’è solo lo spazio di una vocalina. E quando sento “auto-pubblicazione” per gli autori italiani (oltreoceano è tutta un’altra storia. Ovviamente ci sono sempre le eccezioni e non tutti i self-publishing sono validi solo perché stranieri, ma c’è un’impostazione differente e la cosa si sente), spesso giro a largo. Ciò in cui si rischia di incappare sfiora l’indecenza nell’80% dei casi di auto-pubblicazione. Va anche detto, però, che lo stesso accade per molti prodotti provenienti dall’editoria (pure quella non a pagamento). Vi risparmio i dettagli: sto ancora cercando di dimenticare.
Il caso di Perfetto è tutt’altra cosa.
L’autrice sa cosa fa e sa dove mettere le mani. Ho riscontrato un buon editing (ci sono davvero pochissimi errori di battitura, l’ortografia e la grammatica sono eccellenti, qualche refuso solo negli ultimi capitoli, ma è un gusto personale) che nulla ha da invidiare agli editing professionali; particolari curati, sia nella copertina che nell’impaginazione; soddisfacente la reperibilità del prodotto, su Amazon o direttamente all’autrice; prezzo più che onesto (considerato che si buttano soldi veri per delle porcherie annunciate). Insomma, sono più che soddisfatta.
E mi sento di consigliarvelo, così come vi invito a recensirlo sui canali che reputate a voi più confacenti: voi ci perdete un’oretta, ma avrete reso un servigio ad una ragazza con del talento vero, che mette entusiasmo e passione in quello che fa, ottenendo ottimi risultati.
Personalmente, ritengo che oggigiorno siano dei diamanti in mezzo al mare.
Buona lettura a tutti!
  

mercoledì 20 marzo 2013

Obbligo o verità?



Ero un po’ indecisa se scrivere o meno questo post, ma mi sono detta che ciò che porta ad una riflessione vale la pena di lasciare traccia di sé e stasera sgorbio, il maggiore dei miei due figli, mi ha spinto a farne una, innescando, così, una reazione a catena.
Mentre lo asciugavo dopo il bagnetto, scherzavo con lui sulla sua altezza. “Quanto sei alto!”, gli ho detto. “Fra poco diventerai più alto di me”.
“Anche più di papà?”, mi ha domandato.
“Certo. Toccherai il soffitto”, gli ho risposto.
Lui mi ha guardato con due occhi così, grandi e pieni di speranza. Ma, poi, s’è rabbuiato e mi ha confidato che no, non vuole diventare tanto alto, perché se sei alto significa anche che sei tanto vecchio.
“E allora, non vuoi crescere?” gli ho chiesto.
“No, perché se sei vecchio poi dopo muori e non ci sei più”.
In due secondi, quella che era una conversazione scherzosa è diventato un dilemma esistenziale. Lo leggevo nei suoi occhi, nel modo in cui continuava a guardarmi per trovare in me una smentita clamorosa alle sue supposizioni.
Sono sempre stata molto chiara con i miei figli. Non ho mai mentito loro, non ho mai promesso qualcosa col solo scopo di rabbonirli o corromperli, ho sempre e solo detto la verità. Certo, in una forma non brutale, adeguando le parole alle intenzioni e alle situazioni, ma non ho mai creduto che, in quanto miniature, non avessero il diritto di essere trattati come persone dotate di propria volontà e di intelligenza. Perfino quando scalpitano ed urlano sul pavimento e vorrei tanto torcere loro il collo, così come immagino voglia fare la vicina del piano sotto al nostro, perfino in quei casi ho sempre pensato che alzare la voce per farmi ascoltare non porterebbe a nulla, se non a temermi e ad allontanarli.
Oh, ci sono eccome le volte in cui l’aria democratica che si respira in casa diventa solo un ricordo lontano e mi trasformo nel peggiore dei tiranni, ma per lo più sono della scuola “parlare fino a schiumare ai lati della bocca”.
Quando sgorbio mi ha esposto le sue considerazioni in merito alla vecchiaia ho fatto un vertiginoso tuffo nel mio passato. Avrei potuto liquidare la questione come tante volte è stato fatto con me, che con la morte ho avuto a che fare molto presto nella mia vita. “Sei piccola. Di queste cose non devi preoccuparti”. Oppure, un altro must “Quando non ci saremo più qui, saremo in cielo”, come se un bambino che sta appena iniziando ad orientarsi nel mondo dovesse trovare naturale pensare che nel futuro potrebbe vedersi spuntare un paio d’ali dietro la schiena, sovvertendo tutte le più elementari leggi della fisica di cui avrà faticato tanto ad appropriarsi e che, se gli andrà bene come la madre, come esame ripeterà almeno tre volte all’università prima di strappare un 30 grondante, letteralmente, sangue e sudore.
Ebbene, ho pensato al fascino ammaliante posseduto dalle verità abbellite ad uso e consumo degli adulti più pigri - o, forse, più imbarazzati da quelle domande che, di sicuro, in quanto a difficoltà battono quasi tutte quelle che mi sono state poste finora - e, lo ammetto, mi sono fatta tentare per un istante. Ma poi, mi sono vista bambina com’è mio figlio ora, stessa età, stessi occhi, e le parole di una compagna di scuola di prima elementare mi sono rimbombate nella testa. “A me non m’importa niente che ti è morto il padre”, scoprendo così che non erano viaggi lontani, né le famose ali magiche ad impedirmi di vedere mio padre, ma solo una cosa sconosciuta, molto meno avventurosa o poetica, che si chiamava morte e che, come capii più tardi, nelle intenzioni della maestra che aveva istruito tutti i miei compagni di classe eccetto la sottoscritta, avrebbe dovuto farmi ottenere un trattamento privilegiato da parte degli altri alunni, scatenando invece incomprensione ed ostilità.
E come può capitare solo ad una madre, il cervello ha pensato tutte queste cose in meno di due secondi per scovare la risposta non esatta, ma soltanto quella più onesta, quella che tutti meriterebbero.
In conclusione, cosa ho risposto a mio figlio?
Che la morte può far paura e che non sarà una cosa bella, ma è naturale. Come la vita. E che deve ricordare sempre le mie parole, anche se adesso gli possono sembrare strane: più della morte, è dell’assenza di vita che deve spaventarsi.
Immagino che mi sia andata di lusso, specie se penso che sto ancora cercando la risposta ad un'altra domanda che mi è stata posta, sempre da sgorbio: come fa Gesù ad aiutarci se è "incrociato"? Non sarà meglio chiedere alla sua mamma?
Si accettano suggerimenti.