Di recente guardavo mio
figlio in uno di quei temutissimi momenti per i genitori, quelli in
cui c'è del tempo da riempire (per loro) e mille cose da fare (per
te).
Dopo aver scartato la TV,
i videogiochi, la plastilina (!) e i Lego, l'occhio (il suo) gli è
caduto sulla pila di quadernoni nuovi. Già armato di portacolori, ha
sfoderato il tipico sguardo da cerbiatto - quello che a cinque anni
è sinonimo di breccia assicurata anche nel set di regole più ferree
– e ha proteso la manina per farsi consegnare l'oggetto del suo
interesse.
Nel microcosmo del
pragmatismo, è chiaro che un euro è un prezzo più che ragionevole
per l'acquisto di una preziosissima mezz'ora da impiegare in faccende
di elevato spessore intellettuale, di quelle che si svolgono di
solito davanti ad un asse da stiro trasfigurato da una piccola
montagna di bucato stantio.
Ebbene, durante lo
schieramento in campo delle tre fazioni – i “da stirare
assolutamente”, i “da una botta veloce” e i vincenti “da
piegare e amen” - osservavo lo sgorbietto apprestarsi alla sua
attività ludica.
C'è qualcosa di
incantevole in un bambino che apre un quadernone illibato e ha a
disposizione un set di colori con il quale strappare la pagina bianca
al nulla. Credo che sia stato quel sorriso appena accennato sulle sue
labbra, l'occhio che vagava tra i pastelli alla ricerca della
tonalità sintonica con il suo umore, la trepidazione con cui ha
accarezzato la pagina vuota un attimo prima di pugnalarla con un
rosso fuoco sbeccato, credo che sì, siano stati questi i segnali di
quanto mi mancasse realmente scrivere.
Perché è evidente che
una maniaca del perfezionismo non potrebbe mai accontentarsi di un
post miserevole e privo di senso come questo qui, evidente almeno
quanto lo è per un bambino cogliere esattamente il giusto spirito
con cui accostarsi alle cose.
Semplicità,
divertimento, piacere.
Forse è qualcosa che ha
a che fare con la presunzione o con il confortevole impigrimento di
un cervello sempre troppo iperattivo, qualunque sia la causa gli
effetti non cambiano e dunque sono mesi che non leggete nulla su
questo blog.
Vi esonero dall'ingrato
compito di sorbirvi i drammi esistenziali della mia vita, di sicuro
irrilevanti rispetto ai drammi veri della vita, vi risparmio
il girone infernale delle recenti letture di ottavo ordine con cui ho
violentato i miei già provati neuroni e: tra Amazon che mi fa notare
molto gentilmente che un “soffioi” dovrebbe essere un “soffio”,
che “tu mi ha conferito” suona meglio come “tu mi hai
conferito”, per non parlare dell'orrore grammaticale di “un
immensa distesa” che davvero non si può leggere priva di
apostrofo; tra i libri meravigliosi che stazionano sul kindle e che,
accuratamente, evito per timore di non dar loro l'attenzione che
meritano; tra il tiepido ricordo di un pranzo a base di patatine e
sprizt dopo 5 ore di treno e una vita di riflessioni... bene, tra
tutta questa ovattata letargia mi permetto un paio di considerazioni
del tutto slegate fra loro (o forse no).
Amazon, ho due pagine di
word di refusi da correggere nel mio libro di cui mi scuso
profondamente con i miei lettori (e ringrazio ancora una volta Silvia
Pillin a cui stringo la mano per tante ragioni) e un cartaceo da
preparare (a breve, prometto!), per cui davvero mi perdonerà se ho
lasciato la sua segnalazione nel marasma degli spam.
Leggete “Le due facce
dell'amore” di Nick Spalding. Ci sono momenti della vita in cui una
risata fa bene alla salute e momenti in cui un libro è proprio
quello che ci vuole per curare l'animo. Prima di trovare la storia
adatta a questo frangente della mia vita, ho girovagato a lungo e poi
mi sono lasciata conquistare dalla leggerezza ironica di questo
autore e dalla piccola meraviglia che è il suo libro. Non
prendiamoci troppo sul serio, riscopriamo il semplice piacere di una
buona lettura. Ho riso tanto e mi permetto di consigliare di fare lo
stesso a chi, per un motivo o per un altro, ha troppi pensieri che lo
distraggono. LEGGETE QUESTO LIBRO.
Ho lasciato un pezzetto
di cuore in Emilia. Non stava un granché bene, ma l'ho affidato a
mani amorevoli, le stesse mani che mi hanno strappato di dosso un
paio di strati di dura scorza e poi mi hanno fornito il balsamo con
cui ricostruire nuova pelle. Non lo so quanto ci vorrà, ma so che
lei c'è e sono ansiosa di farmi strigliare come si deve, nella
nostra migliore tradizione sado-maso.
Ho aperto una pagina
word.
Ho valutato nel corredo
di parole confuse della mia testa quelle che erano pronte a venir
fuori, strizzando un occhio benevolo a quelle che per ora non se la
sentono ancora.
Ho accarezzato la pagina
vuota e poi l'ho pugnalata con questo post.
“Le porte chiuse si
devono forzare affinché l'aria pura possa circolare liberamente”.
Non l'ho scritto io, ma
Salomone.
Siamo in piena primavera,
magari è anche ora di iniziare a svernare senza temere un colpo di
freddo dalle porte appena socchiuse...
Buon fine settimana
lungo!
Io ci sono sempre, lo sai; e sono felicissima che anche tu abbia preso il tuo quadernone e abbia strappato il tuo momento di felicità. Fallo ogni volta che puoi: la vita esterna resta sempre lì, in attesa, ma ogni tanto uno stacco ci fa riavvicinare a quella vita con più serenità.
RispondiEliminaE comunque, mi manchi.
E mi manchi anche tu. Più di quanto riesca a scrivere.
EliminaCredo che scrivere non sia facile e che in tempo sia un tiranno sanguinario, ma confida nel fatto che quando e se lo farai io sarò qui pronta a leggere qualsiasi tua creazione, fosse anche la lista della spesa.
RispondiEliminaUn abbraccio
Grazie Stef! Se ti trovi, puoi anche comprarmela la spesa ahahahaha
EliminaUn abbraccio a te XD
ahahahah...come dico sempre "uno ci prova", no????
Eliminatroppo forte