lunedì 4 luglio 2011

Recensione: "Proibito" di Tabitha Suzuma

Avendo scoperto le meraviglie dell’I-Phone che mi consente di leggere ovunque e in qualunque momento, ed essendo impossibilitata a scrivere come si deve dato che i miei sgorbi stanno prosciugandomi tutta l’energia e la concentrazione, sono diventata uno di quei mostri che camminano con il cellulare alla mano e ha deciso di perdere la vista strizzando gli occhi per mettere a fuoco le parole sul maledetto display.
Con il ritmo di parecchi libri a settimana, mi è capitato “Proibito” di Tabitha Suzuma tra le mani (ops, sul display di cui sopra).
Proibito necessita di una recensione.
Leggendo le grandi lodi tessute da persone che stimo, l’ho guardato con sospetto per un po’, poi ho deciso di iniziarlo e in un giorno l’ho bruciato.
Bruciato è la parola adatta.
Non posso individuare il momento preciso in cui ho capito che questo libro era un grande libro. Leggo con curiosità, forse un po’ di scetticismo e nostalgia le storie incentrate su personaggi adolescenti. Spesso chi le scrive si perde nel ragionamento un po’ contorto e romantico dell’età e, suo malgrado, connota i caratteri del proprio giudizio personale e a me questo non piace. L’autrice di questo libro, non lo fa, pur descrivendo una realtà amara attraverso gli occhi proprio di due ragazzi. Quello che mi ha colpito subito è stato che i due adolescenti erano tutto, tranne che ragazzi della loro età. Erano genitori dei propri fratelli, adulti loro malgrado, che si occupano di mandare avanti una casa, di pagare le bollette, di fare la spesa, di sorvegliare e disciplinare le teste più calde della famiglia. Maya e Lochan diventano la madre e il padre della loro madre, sono, già dalle prime pagine del libro, degli adolescenti mancati che hanno fatto un salto temporale tra l’infanzia e l’età adulta.
Eppure, non perdono mai la loro innocenza, il loro candore di bambini. Vivono ogni giorno il peso delle responsabilità, senza riuscire a gestire la frustrazione e lo stress che non sarebbe mai dovuto toccare loro, sentendosi  sempre dei disadattati nel mondo reale che dovrebbe vederli come dei diciassettenni e basta. Ma nelle mura della loro casa, non lo sono da tempo e questa è una frattura che non possono più ricomporre, nonostante gli sforzi, semplicemente perché non è loro compito.
La percezione della realtà che hanno è l’unica che conoscono, i soli conforti che trovano sono quelli che hanno l’uno per l’altra. Ed è proprio nell’affrontare la quotidianità che ad un tratto si trovano ad essere insieme la sola ancora di salvezza a cui potersi aggrappare per non affogare.
Lottano, scalciano, cadono, cercano di rialzarsi. E amano. Amano tanto, in modo puro, in modo disperato.
Finire questo libro è stata una liberazione e un dolore. E un dispiacere. Come se fossi entrata di soppiatto nella loro vita dura e difficile e fossi restata impotente, come madre, senza poterli aiutare, confortare e sostenere.
Un libro per tutti, ma soprattutto per chi è un genitore.
Fate un bel respiro ed iniziatelo.

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